Essere borsista FLTA negli USA
Sono rientrata in Italia da poco più di un mese dopo aver vissuto nove mesi negli Stati Uniti grazie alla borsa di studio Fulbright FLTA (Foreign Language Teaching Assistant) che mi ha permesso di insegnare Lingua e Cultura Italiana e di studiare diverse discipline alla Hobart and William Smith Colleges di Geneva, nello stato di New York. Ora sono qui a mettere in ordine ricordi ed emozioni di un’esperienza tanto arricchente quanto unica.
Ho fatto domanda per la borsa di studio FLTA promossa da Fulbright dopo qualche anno da quando ho scoperto della sua esistenza, perché prima volevo costruirmi un curriculum che fosse all’altezza della commissione (all’epoca i requisiti di accesso lo permettevano N.d.R.). Avevo conosciuto quest’ultima tramite una mia collega di scuola che aveva vissuto un’esperienza simile negli Stati Uniti proprio grazie a Fulbright. Venni subito incuriosita da questo nome, “Fulbright”, e dai programmi che promuoveva, specialmente dopo aver fatto qualche ricerca ed essere venuta a conoscenza del prestigio della Commissione. Se a questo ci aggiungiamo il fatto che io sono perennemente mossa da un’insaziabile voglia di conoscere il mondo e le tante diverse culture che fortunatamente ospita, l’idea di fare domanda per la borsa di studio FLTA non poté che rimanere sedimentata nella mia coscienza a lungo finché, qualche anno dopo, decisi che ero in una fase della mia vita giusta per provarci.
Essendo io docente di inglese presso le scuole superiori, l’attrattiva del programma FLTA era per me decisamente alta. I motivi che mi spinsero a fare domanda, e per i quali sento di consigliare vivamente questa esperienza, erano comunque molteplici: la possibilità di rivestire un doppio ruolo (quello di docente/assistente all’insegnamento e quello di studentessa), l’occasione unica di vivere in prima persona la vita di un college statunitense, l’opportunità di crescita professionale e personale come insegnante e persona, il vantaggio di approfondire la conoscenza della lingua inglese e della cultura statunitense che tanto mi affascinava, e la voglia di diffondere altrove la bellezza della nostra lingua e cultura. Ad oggi mi dico, tuttavia, che l’esperienza che ho vissuto è andata ben oltre queste aspettative.
Durante l’anno accademico alla Hobart and William Smith Colleges (o, come ho imparato a chiamarla, HWS), ho insegnato due corsi a semestre di Lingua e Cultura Italiana come primary teacher. Nello specifico, ero incaricata di insegnare Italian 101 e Italian 102, ovvero i corsi base di italiano. Ero l’unica docente dei miei corsi e ho apprezzato molto questo ruolo e questa autonomia perché mi hanno permesso di calarmi in un contesto educativo diverso mettendomi in gioco in prima persona. Inizialmente non è stato facile capire come insegnare “all’americana”, ovvero inserendomi in una cultura educativa molto diversa da quella da cui provenivo, ma d’altronde sono le sfide fuori dalla nostra zona di comfort quelle che più ci arricchiscono e fanno evolvere.
Dopo un iniziale disorientamento più che fisiologico, ho iniziato a sentirmi sempre più a mio agio in quel nuovo ruolo, apprezzandolo ogni giorno di più. Ho progressivamente capito come insegnare ai nuovi studenti che avevo di fronte, quali tecniche didattiche funzionassero di più e quali di meno, come approcciarmi a loro, come catturare la loro attenzione, e, così, ciò che inizialmente mi aveva spaventata ha iniziato a diventare gradualmente più semplice. Ha sicuramente contribuito anche il fatto di essermi ritrovata in una comunità, ovvero quella di Geneva e di HWS, che mi ha accolta nel migliore dei modi fin da subito e mi ha costantemente supportata.
Inizialmente ero un po’ spaventata all’idea di trascorrere nove mesi a Geneva, una piccola cittadina di circa 15.000 abitanti nel nord-ovest dello stato di New York. Io stessa provengo da una piccola realtà del nord-est d’Italia, ma vivere in un contesto piccolo quando non si hanno già conoscenze e amicizie può essere sfidante. Tuttavia, mi sono presto ricreduta perché HWS è un college che organizza molti eventi per gli studenti, escursioni e gite, e quindi non sono mancati all’appello gite fuori città, feste, momenti sociali coinvolgenti, e amicizie vere e genuine. Il mio timore iniziale venne quindi spazzato via dopo solo qualche settimana dal mio arrivo a Geneva. E, alla fine, ho imparato ad amare quella piccola cittadina che mi ha permesso di stare a contatto con la natura, di raggiungere il college con una bella passeggiata, e di andare ovunque necessitassi a piedi.
Una mia giornata tipica a Geneva iniziava andando a fare colazione al college dove avevo un full meal plan incluso nella borsa di studio e che includeva accessi illimitati alla mensa dell’università. Quest’ultima offriva una buona varietà di cibi e cucine etniche, quindi il mio secondo timore iniziale, ovvero quello di confrontarmi con la cucina statunitense, non ha avuto ragion d’essere.
Dopo la colazione andavo a lezione: quella che insegnavo come docente o quella che frequentavo come studentessa, in base ai giorni. Ogni giorno era comunque diverso: a volte avevo orario di ricevimento nel mio ufficio dove accoglievo studenti che avessero bisogno di assistenza in più, a volte andavo in biblioteca a studiare o preparare le mie lezioni. Poi c’era il consueto pranzo al college insieme alle mie coinquiline e il pomeriggio variava in base alle necessità. La sera andavo in palestra o a un corso fitness, gratuiti per noi studenti e docenti, poi cenavo nuovamente al college, e la sera guardavo un film sul divano con le mie coinquiline, o uscivamo a socializzare un po’ in qualche bar di Geneva. Nei weekend ci rilassavamo, andavamo a qualche evento sociale, o facevamo una bella camminata intorno al magnifico lago Seneca della città.
Oltre all’aspetto didattico, la borsa di studio FLTA permette di seguire due corsi a scelta per semestre per la propria crescita professionale e accademica. In particolare, ho frequentato un corso introduttivo di sociologia della società statunitense, un corso di antropologia sui nativi americani, un corso di psicologia e uno di tecniche di insegnamento della grammatica inglese per discenti di altre lingue. Ho apprezzato particolarmente il corso di sociologia perché mi ha permesso di toccare con mano le realtà che stavo studiando in modo teorico sui libri: grazie al professore del corso, infatti, ho potuto visitare la Auburn Correctional Facility, una prigione di stato maschile di massima sicurezza nella quale venne introdotta la sedia elettrica per la prima volta. Visitarla è stata un’esperienza molto intensa, ma che mi ha anche consentito di calarmi nel lato pragmatico della didattica statunitense che ruota molto attorno allo sviluppo di competenze pratiche. Ciò l’ho sperimentato anche nel mio corso di antropologia che mi ha permesso di partecipare ad una cerimonia commemorativa con persone di tribù native e che mi ha fatto apprezzare ancor di più la varietà culturale presente negli Stati Uniti e che è forse la mia caratteristica preferita di questa nazione.
“Insegnare” e “studiare” sono tra i miei verbi preferiti, quindi va da sé che questo programma ha soddisfatto i miei interessi completamente. Inoltre, ho trovato estremamente stimolante vedere come un’altra cultura, in questo caso quella statunitense, considerasse la didattica e la conoscenza, permettendomi così di riflettere criticamente sul lavoro di docente che svolgo anche in Italia.
Non c’è però due senza tre: oltre ad insegnare e studiare, a HWS ho rivestito anche il ruolo di cultural ambassador per la promozione della lingua e cultura italiana attraverso diverse iniziative. Ad esempio, ogni settimana ero incaricata di condurre l’Italian Language Table durante il quale svolgevo diverse attività informali e giochi in italiano con chiunque volesse partecipare.
L’esperienza negli Stati Uniti non mi ha però garantito solo stimolanti opportunità professionali, bensì mi ha anche inserita in un network multiculturale di persone incredibili con le quali ho avuto la fortuna di poter conversare, viaggiare, ridere, riflettere. Già nella mia quotidianità, infatti, ho potuto sperimentare cosa significa vivere in un ambiente multiculturale dato che vivevo con le altre FLTAs del college che venivano da Germania, Francia, e Algeria.
Inoltre, a novembre c’è stata la Mid-Year Conference di cinque giorni a Washington DC durante la quale ho avuto l’opportunità di conoscere tutti gli altri Fulbright FLTAs del mondo del mio anno. Eravamo più di 350 insegnanti da più di 50 paesi diversi del globo. Inutile dire che l’energia era palpabile e poter interagire con così tante culture diverse è stato per me impagabile.
Durante il Winter Break, ovvero la pausa invernale di circa un mese tra dicembre e gennaio per la sospensione delle attività didattiche, ho viaggiato per un mese intero insieme ad altri FLTAs conosciuti proprio a Washington DC in quell’occasione. Insieme siamo andati a New York, Chicago, e Puerto Rico, e io ho poi proseguito i miei viaggi anche in California, Nevada e Miami. La full immersion americana ha quindi riguardato sia la dimensione lavorativa che quella accademica, sociale e dei viaggi.
La mia esperienza si è conclusa nel migliore dei modi a maggio 2024 con la Graduation Ceremony di HWS, ovvero la cerimonia del college durante la quale vengono conferiti i diplomi di laurea agli studenti laureandi e alla quale ho partecipato come parte dello staff docenti dell’università. Ho indossato la toga nera, proprio come nei film, ed è stato interessante poter prendere parte a questo evento perché mi ha permesso di vivere un’altra esperienza culturale molto importante nella vita degli studenti dei college statunitensi. Inoltre, è stato per me emozionante vedere alcuni dei miei studenti laurearsi, specialmente perché avevamo stretto un bellissimo rapporto.
Ora che ho ripercorso mentalmente questi nove mesi, mi sono resa conto di quanto siano stati per me arricchenti e preziosi sotto ogni punto di vista: personale, professionale, e accademico. Vivere questa esperienza negli Stati Uniti ha anche cambiato la mia percezione degli eventi sociali, geopolitici e culturali mondiali perché per nove mesi ho ricoperto ruoli diversi all’interno del contesto di una super potenza mondiale: sono stata docente, studentessa, ambasciatrice culturale, viaggiatrice, e molto altro ancora, potendo così vivere e analizzare la società statunitense sotto molteplici punti di vista. Inoltre, far parte della rete Fulbright mi ha permesso di stringere rapporti personali e professionali unici e internazionali per portare avanti la mia missione e quella della commissione stessa: costruire ponti globali che uniscano il mondo mantenendo l’ineguagliabile ricchezza delle diversità.