Giosetta Capriati è stata una borsista Fulbright alla Brandeis University, a.a. 1966/67, che ha fondato una rinomata agenzia di comunicazione, che per anni l’ha portata ad agire da tramite tra l’Italia e gli Stati Uniti, la Giosetta Consultants.
Incontrata dal nostro Direttore Paola Sartorio ad un evento nel suo recente viaggio a New York, Giosetta Capriati si è rivelata tanto disponibile quanto loquace nel raccontarci la sua esperienza di vita a New York, non solo come imprenditrice, ma soprattutto come ponte tra le culture di due paesi così diversi. Infatti, scherzosamente dice di sé: <<Sono una specie di “vigile urbano” in mezzo all’Oceano Atlantico, che spiega agli Italiani come muoversi negli Stati Uniti e agli statunitensi come farlo in Italia!>>
1) Dopo essersi laureata in Italia, ha deciso di trasferirsi negli USA per studiare. Cosa l’ha portata a scegliere gli Stati Uniti? Perché proprio la Brandeis University? Che cosa ha studiato lì?
Sono nata e cresciuta a Roma e fin da ragazzina sognavo di andare a studiare negli USA e passavo i miei pomeriggi alla Biblioteca americana a via Veneto (che non esiste più) a studiare i cataloghi delle Università americane! Al Liceo una mia compagna di scuola vinse l’American Field Service e andò un anno in New Jersey, da dove mi mandava lettere entusiasmanti.
Ma fu poi all’Università Sapienza di Roma che incontrai nel 1965 il Prof. Kurt Wolf, Visiting Professor dall’Università di Brandeis, in Massachusetts, una grande università ebraica, che mi convinse a fare domanda per la Wien International Scholarship, che vinsi e allora feci domanda anche per un Fulbright Travel Grant che comprendeva anche un viaggio di tre mesi in Greyhound Bus in tutti gli USA, sempre ospite di famiglie americane, una total immersion nell’American Way of Life!!! Tornata in Italia, comunque, mi sono poi laureata in Lettere Moderne alla Sapienza, nel 1970. All’epoca c’era un’unica università della Capitale, ma è indimenticabile quell’anno che ho passato come Special Student, opportunità che non prevedeva il conseguimento di un titolo accademico, e ho preparato la mia tesi di laurea sulla Politica Culturale Americana all’Estero. Alla Brandeis ho soprattutto ho imparato a prendere in mano la mia vita, a fare le mie scelte da sola, senza dover chiedere il permesso a nessuno!
Brandeis ha cambiato per sempre la mia vita e mi sono resa conto che gli statunitensi sapevano molto poco dell’Italia, perché la giudicavano dalle Little Italy che esistono tuttora nelle più grandi città degli Stati Uniti, ma anche noi in Italia avevamo un’idea molto distorta su di loro e fu così che decisi di dedicare la mia vita a promuovere una migliore conoscenza fra i due paesi, risiedendo a New York, ma passando anche circa quattro mesi in Italia ogni anno. Mi sento come una specie di “vigile urbano” in mezzo all’Oceano Atlantico, che spiega agli Italiani come muoversi negli Stati Uniti e agli statunitensi come farlo in Italia!
2) Come si è trovata negli Stati Uniti? Cosa la colpì? Quali sono state le maggiori differenze tra i due paesi che la colpirono? Ci sono aneddoti che vorrebbe condividere con noi?
Venivo da una famiglia meridionale molto all’antica ed ero stata la prima donna ad avere il passaporto, a iscriversi all’università, eccetera, quindi arrivata negli USA mi sentivo “Alice nel Paese delle Meraviglie”, finalmente libera di fare, dire e andare dove volevo, senza dover chiedere il permesso a nessuno!
Arrivare a New York via nave è stata un’esperienza emozionante, vedere all’alba la Statua della Libertà, una favola, un viaggio che raccomando a tutti quelli che vogliono venire negli USA, per capire quanto gli Stati Uniti siano lontani, non sono fisicamente, ma anche mentalmente!!!
Venendo da una scuola ancora molto autoritaria, quando il primo giorno di classe la professoressa di Storia chiese il mio parere, pensavo che scherzasse, abituata com’ero a stare a sentire senza replicare… E anche i saggi che gli studenti dovevano preparare -alla media di uno alla settimana- mi hanno trovata impreparata, abituata com’ero a tutti gli esami e le interrogazioni orali, tranne qualche tema… E poi la Reading List settimanale di 300 pagine mi ha sconvolta, costringendomi a studiare TUTTI i weekend per non perdere il ritmo!!!
A Brandeis sono venuta a contatto per la prima volta con la cultura ebraica: avevo una room-mate ebrea ortodossa che mi spiegò tutto sullo Shabat, la cucina kosher e mi invitò ad una Seder a casa sua a New York, così mi innamorai della Grande Mela e decisi che un giorno sarei venuta a vivere qui!!
E a Brandeis ho fatto la mia prima esperienza di fundraising per le alluvioni di Firenze e Venezia del1966 e ho aiutato il Dipartimento di italiano, che aveva un professore così così!
3) Come ha beneficiato la sua carriera del suo soggiorno di studi negli USA? Cosa ha apprezzato di più della sua esperienza come studentessa? Cosa si sente di dire a uno studente che oggi legge l’intervista sull’importanza dell’esperienza all’estero?
Essendo l’unica studentessa Fulbright donna di tutto il Massachusetts, mi portavano a parlare dell’Italia nei Rotary Club locali e tutti mi chiedevano :”Ma in Italia avete il frigorifero, avete la TV, come si cuoce la pasta?” e roba del genere. Capii allora che dovevo fare qualcosa per spiegare l’Italia agli statunitensi e viceversa, perché anche noi avevamo dei pregiudizi su di loro, basati sui film ecc… E così è nata la mia vita transatlantica!
TUTTI gli studenti del mondo dovrebbero fare un’esperienza di studi all’estero.
Ai miei tempi c’era solo la Fulbright, oggi c’è anche l’Erasmus, molto importante perché dobbiamo costruire l’Europa!!!
Degli Stati Uniti, che, ripeto, hanno cambiato la mia vita per sempre, apprezzo l’energia, la vitalità, l’ottimismo, la forza di andare sempre avanti, no matter what!, la capacità di riconoscere i propri errori e migliorarsi.
4) Vorremmo che ci parlasse del suo impegno verso lo scambio culturale Italia-Stati Uniti che nella sua vita è una costante. Sappiamo del suo impegno alla Casa Italiana della New York University. Può dirci di più?
Sono fiera e orgogliosa di essere stata la prima insegnante di Lingua e Cultura Italiana alla Tyler School of Art della Temple University di Philadelphia, che inaugurava nel 1968 il suo Junior Year Abroad a Roma; di aver contribuito a trasformare la Collezione Peggy Guggenheim di Venezia da casa privata in uno dei musei più visitati d’Italia; di aver curato l’inaugurazione della Statua di Manzù, “Donna con Bambino” al Palazzo di Vetro nel 1988, commissionata dal Governo Italiano, alla presenza del Presidente Francesco Cossiga; di essere riuscita a riportare in Italia molte opere della Collezione Marinetti, che andava all’asta da Sotheby’s nel 1990, fra cui la famosa Scala di Balla; di avere portato in giro per i musei europei nel 1998 la collezione di stampe di Piranesi di proprietà della Arthur Ross Foundation di New York; di aver fatto premiare il FAI dalla Frick Collection nel 2008; di aver fatto nominare nel 2009 la Baronessa Mariuccia Zerilli-Marimò, fondatrice della Casa Italiana Zerilli-Marimò della New York University (dove ho donato un albero in memoria di mia madre e sponsorizzo una lecture in nome di mia sorella Alba) come Living Landmark dalla New York Landmark Conservancy, la prima cittadina NON statunitense ad ottenere questo riconoscimento; di avere organizzato al Palazzo di Vetro nel 2016 la mostra Blind Vision dell’artista napoletana Annalaura di Luggo; di avere stipulato un accordo nel 2022 fra la Fondazione Sicilia di Palermo e l’American Academy in Rome, che ogni anno nomina una trentina di Fellow che ricevono il prestigioso Prix de Rome, per uno scambio di Scholar ed è la prima volta che l’Academy fa qualcosa al SUD!
Come si evince, mi occupo di progetti di Pubbliche Relazioni ad alto livello fra i due Paesi, in campi che vanno dall’Arte (Fondazione Guggenheim e Sotheby’s) all’Editoria (Rizzoli International) alla Cultura in generale, dal Business (sono stata per 15 anni Consulente di Booz Allen Hamilton) al Banking (sono stata Consulente della Banca Nazionale del Lavoro in USA e della Morgan Stanley in Italia), dallo Spazio (ho curato per conto dell’Agenzia Spaziale Italiana il lancio di tre Satelliti con la NASA) allo Yachting (dal 1983 seguo professionalmente l’America’s Cup) alla Gastronomia Italiana (che ho portato alle Nazioni Unite e alla Banca Mondiale), eccetera. E siccome mi considero Europea e Cittadina del Mondo, da dieci anni a questa parte sono Advisor della Foreing Policy Association, iI più antico think tank statunitense, dove cerco di portare più Europa e più mondo.
5) Nel suo lavoro quali sono stati gli eventi più significativi che ha creato per far conoscere i due paesi? Quale è stato secondo lei quello meglio riuscito o che le ha dato maggiore soddisfazione?
L’evento più significativo della mia “carriera” è stato senz’altro ver contribuito dal 1980 al 1986 a trasformare la Collezione Peggy Guggenheim di Venezia da casa privata in uno dei musei più visitati d’Italia.
Nel 1974 avevo intervistato per la RAI (senza sapere che un giorno avrei lavorato per la Collezione!) Peggy Guggenheim a Palazzo Venier dei Leoni a Venezia, dove si era trasferita con la sua Collezione d’arte moderna nel 1946 e aveva poi partecipato alla prima Biennale d’Arte nel 1947.
Peggy aveva lasciato la sua Collezione alla Fondazione Solomon R. Guggenheim di New York, proprietaria del museo omonimo sulla Quinta Strada, la quale, alla sua morte, avvenuta a dicembre del 1979, era molto contenta della donazione, ma non aveva fondi per restaurare il Palazzo, non conosceva nessuno in Italia, non sapeva che pesci pigliare!!!
A gennaio del 1980 un amico comune mi presentò l’allora Direttore della Fondazione, Tom Messer, il quale mi chiese: “How do you do fundraising in Italy?” e un po’ spiazzata dovetti spiegargli che in Italia non esisteva la stessa detrazione fiscale di cui beneficiano gli statunitensi e che non c’era nemmeno la stessa mentalità in proposito! Aggiunsi, però, che si poteva ipotizzare un sistema di fundraising all’italiana, rivolgendosi agli enti pubblici preposti eccetera e mi misi al lavoro, accettando questa sfida così importante.
Mi rivolsi al Comune di Venezia, che in un primo momento aveva rifiutato in dono la Collezione negli Anni Settanta -per motivi burocratici, e riuscii ad ottenere un bel contributo, che fu poi raddoppiato da un Consorzio di banche italiane e statunitensi messo insieme grazie all’ABI. Andai dal Presidente della Regione Veneto, che stanziò un contributo annuale per la Collezione, che dura ancora negli anni. Creammo un Advisory Board internazionale della Collezione, presieduto da Marella Agnelli, che si riuniva ogni anno a Venezia. Creai la Junior Member Association della CPG, che esiste ancora e organizza eventi d’arte per i giovani in tutta Italia. Stipulai un Accordo di Collaborazione con il Ministero dei Beni Culturali; organizzai dei viaggi in Italia per i membri del Board del Museo Guggenheim di New York per visitare musei e collezionisti d’arte moderna italiani. Dall’altra parte dell’oceano accompagnai personalmente il Presidente Pertini a visitare il Museo Guggenheim nel 1984 e poi seguirono alcuni Ministri degli Esteri e dei Beni Culturali. Grazie al mio lavoro e ai rapporti da me stabiliti con il mondo artistico italiano, il Museo Guggenheim di New York cominciò a prestare più attenzione all’arte moderna e contemporanea italiana, organizzando più mostre dei nostri artisti, da Morandi a Burri alla Transavanguardia. Nel 1986 lasciai il Guggenheim, contenta dei risultati ottenuti, consideravo raggiunto il mio obiettivo e lasciai ad altri il compito di andare avanti!
Un altro evento che mi ha procurato tante soddisfazioni è stata, a ottobre del 2008, la Serata di Gala in Frac alla Frick Collection, la ex-Residenza del Magnate dell’acciaio Henry Clay Frick, fra i più bei musei di New York, in onore del FAI, Fondo per l’Ambiente Italiano, una specie di National Trust, Fondazione privata volta a restaurare e recuperare monumenti, castelli, palazzi e ville private, aree archeologiche e paesaggistiche, che altrimenti andrebbero in rovina! Il FAI è nato negli Anni Ottanta per volere della Contessa Giulia Maria Crespi di Milano, che io volli far premiare quella sera alla Frick Collection. La Contessa non poté partecipare di persona per motivi di salute e il Premio fu ritirato dal figlio Luca, che ancora ricorda quella magica serata, dove 150 ospiti erano seduti ad un solo Tavolo a ferro di cavallo nella favolosa Sala da Pranzo di Henry Clay Frick che, dall’alto del suo ritratto, annuiva con approvazione!!!
Nel 1995 in occasione del 50esimo Anniversario delle Nazioni Unite, organizzai il Mese Italiano al Palazzo di Vetro, facendo pubblicare dall’Editore Lorenzo Zichichi il primo e unico libro sulla Collezione d’Arte delle Nazioni Unite, alla quale l’Italia aveva appena contribuito con una maestosa statua di Giacomo Manzù, che ancora si trova nel giardino antistante aI Palazzo;
feci venire lo Chef di Villa d’Este, Luciano Parolari, che cucinò per un mese intero nella Delegate Dining Room del Palazzo e ancora lo ricordano. Con lui organizzammo una splendida Serata di Gala con la prima sfilata di moda mai fatta al Palazzo di Vetro, con il marchio Genny della mia amica Donatella Girombelli. Fu un evento di beneficenza per l’UNICEF, con la partecipazione di 400 selezionati ospiti. L’allora Ambasciatore italiano alle Nazioni Unite, Paolo Fulci, doveva presentare gli ospiti d’onore, alcuni venuti appositamente dall’Italia e fare un po’ il padrone di casa, ma, all’ultimo momento, non si presentò all’evento, lasciando alla sottoscritta il compito di fare da Master of Ceremonies. Non mi persi d’animo e mi buttai nella fossa dei leoni, cavandomela egregiamente, con mio stesso stupore e ricevendo i complimenti del famoso conduttore televisivo Mike Buongiorno, presente in sala, il quale mi avvicinò chiedendomi :”Ma Lei da chi ha imparato???”