Con l’intervista a Lezli Ndreca concludiamo il ciclo delle testimonianze dei tre partecipanti al programma SUSI: Study of the U.S. Institutes (SUSI) for European Student Leaders. Lezli Ndreca descrive con generosità di dettagli la sua breve, ma intensa esperienza negli Stati Uniti, offrendoci un resoconto appassionato delle cinque intense settimane trascorse a negli Stati Uniti.
Complimenti Lezli e in bocca al lupo per i tuoi futuri progetti negli Stati Uniti.
Lezli Ndreca, 21, studentessa in “Scienze Politiche e Relazioni Internazionali” all’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano.
Lezli, dove sei stata?
“Cinque settimane, cinque stati diversi” è quello di cui ancora ci vantiamo noi del SUSI in South Carolina. Infatti, quattro delle quasi sei settimane la nostra casa è stata Columbia, dove abbiamo potuto vestire i panni di studenti della Columbia University e visitare bellissime città del sud, tra le quali Charleston, Lexington e la capitale del North Carolina, Charlotte. L’ultima settimana, in un vero e proprio “road trip”, abbiamo risalito la east coast fino a Washington DC, passando per Williamsburg (Virginia) e Philadelphia (Pennsylvania).
Com’è andata?
É andata che a due mesi da quel (dolorosissimo) “Arrivederci”, alcune mattine mi sveglio ancora dopo aver sognato una delle mille avventure vissute oltreoceano, e chiunque io chiami dei miei nuovi amici, la risposta é sempre “Anche io!”. È andata che ho vissuto un anno compresso in poco più di un mese: ogni giorno finiva col sembrare una intera settimana. Ma nonostante ci fossero mille motivi per essere stanchi, non c’era mai voglia di fermarsi. È andata che ho condiviso con 21 ragazzi quasi 20 ore al giorno, più di un centinaio di storie, innumerevoli esperienze.
Nonostante l’ambiente così culturalmente eterogeneo (17 paesi diversi!), “inclusione” e “dialogo” erano le parole d’ordine. Abbiamo imparato a confrontarci senza necessariamente dare una valutazione qualitativa delle diverse idee e opinioni; abbiamo riso degli stereotipi e superato i pregiudizi che non sapevamo di avere; abbiamo capito l’importanza della fiducia reciproca e del lavoro di gruppo, ingredienti che assicurano il successo; abbiamo colto l’opportunità di vedere il mondo con altri occhi, scoprendo che quelle nuove lenti possiamo e dobbiamo sempre portarcele dietro.
Quali attività ricordi con più piacere?
“Lei è sempre così scontrosa con tutti, ci fa un sacco di dispetti”, mi dice con rammarico Alisha, 8 anni e le treccine più belle che io abbia mai visto. Alisha è una delle 100 bambine e bambini che ci siamo ritrovati ad intrattenere in una mattinata di luglio al Boys and Girls Club. Fa parte del gruppetto di bambini non troppo entusiasti di imparare le mosse di Karate di David o i passi di danza di Martha, ma più interessati a giocare “all’aeroplano” con me. Tutto bene, finché una Zoe imbronciatissima non mi confessa i suoi sentimenti con uno schietto “Non mi piaci”. Accetto senza troppe sorprese il suo commento: non mi sono mai piaciuti i bambini, o meglio, ho sempre creduto di non piacere a loro. A spiazzarmi é, invece, la reazione degli altri. Si aspettano una mia risposta, possibilmente un rimprovero, qualsiasi cosa. All’improvviso non sto più intrattenendo dei bambini, ho davanti dei piccoli uomini e donne, qualsiasi cosa dirò, avrà potenzialmente un impatto, anche se piccolo, sul loro comportamento. La cosa più importante che voglio loro sappiano è che, a prescindere dalle motivazioni dietro la scontrosità della piccola Zoe o di chiunque altro, ciò che conta è la loro risposta. Voglio loro sappiano che Zoe è solo una bambina che ha bisogno di tanto amore, anche se sembra non lo accetti facilmente. In ogni situazione, in qualsiasi contesto, nonostante l’atteggiamento degli altri, possono sempre scegliere se essere “giusti” e rispondere con la stessa moneta o se essere “kind and nice”.
Con questa piccola storia ho voluto raccontare uno dei giorni più belli e intensi del mio soggiorno. Tuttavia non l’unico. Non dimenticherò mai l’entusiasmo con il quale il gruppo si è immenso nelle numerose attività di volontariato. Una delle più faticose e divertenti è stato il completamento di una casa a fianco dei volontari dell’associazione Habitat for Humanity. Nonostante quasi nessuno avesse mai usato un flessibile o tenuto in mano un trapano, siamo riusciti a piastrellare la cucina, montare i mobili di tutta la casa, pitturare le camere… tutto questo grazie a un (sorprendentemente) ottimo lavoro di gruppo.
C’è una giornata in particolare di cui vorresti parlarci?
26 luglio: Sveglia all’alba, colazione al volo con uova strapazzate e bacon, poi sui van a recuperare un po’ del sonno perso (e cantare a squarciagola). Arrivati nei pressi di Harleyville, ci siamo immersi nella Beidler Forest, proprietà della Audubon Society (Società per la salvaguardia della natura), e passeggiato attraverso la palude “Four Holes”, tra alberi di quasi 1000 anni, acque color “English Breakfast tea” e radici di cipresso. Poi ci siamo diretti verso la Clemson University di Charleston e visitato il SCE&G Energy Innovation Centre, dove vengono testate le turbine eoliche più avanzate al mondo (questa è l’unica cosa che ho capito) e dove l’associazione SAFE (South Carolina Advocates For Epilepsy) ci ha parlato di epilessia e di primo soccorso in caso di attacchi epilettici. Abbiamo anche potuto scegliere le stoffe, tagliare e cucire dei cappellini per i pazienti affetti da epilessia, tutto questo tra una lezione su come gesticolare in italiano e innumerevoli tentativi (andati a male) di imparare l’alfabeto islandese. Poi (sì, non è ancora finita) abbiamo visitato il museo dedicato al H.L. Hunley, il primo sommergibile usato nel corso della guerra di secessione da parte della Marina degli Stati Confederati d’America, prima di metterci il costume, saltare sui van e dirigerci verso l’oceano.
Devo ammettere che nonostante la giornata fosse stata già lunghissima, l’eccitazione era palpabile: neanche il tempo di arrivare in spiaggia e toccare la sabbia, eravamo già tutti in acqua. Vedere l’oceano per la prima volta e soprattutto condividere quel momento con quelli che ormai consideravo migliori amici é stato un sogno. Non ricordo bene come sia finita quella giornata, ma ricordo il mio ultimo pensiero prima di addormentarmi: “today it’s been a busy week” (e che settimana!).
Come è cambiata la tua conoscenza della cultura americana?
Oltre agli altri 21 student leader, ho avuto numerose occasioni di conoscere “born and raised Americans” tra studenti della Columbia University, professori, figure di spicco della comunità (ricordo con più piacere il Sindaco, il pastore della Wesley United Methodist Church, la carissima Kate, coordinatrice dell’”English Program for Internationals“ con la quale ho trascorso una intera domenica). Questa opportunità, insieme anche alle numerose città visitate, mi ha permesso di conoscere i numerosi volti degli Stati Uniti: l’accoglienza del sud, l’apparente atteggiamento distaccato del nord, la passione per i fast foods, l’importanza della politica nella vita di tutti i giorni, la capacità di inclusione culturale nonostante un certo “conservatorismo”, le domeniche a messa e la preghiera prima di ogni pasto, “y’all” al sud e “you guys” al nord… quel mondo mi ha insegnato tanto, tuttavia, la cosa più importante che gli USA e quel gruppo di 21 ragazzi mi hanno permesso di realizzare è che vivere in una comunità, che sia piccola quanto il mio circolo di amici o tanto grande da includere tutta la popolazione mondiale, implica esserne una parte attiva e, in quanto tale, non bisogna mai sottovalutare il potere di ogni singolo individuo e del suo potenziale contributo. L’”obbligo”, in quanto cittadini, di prendere parte alla vita comunitaria, è qualcosa che non avevo mai preso in considerazione prima del mio soggiorno negli Usa, né ero a conoscenza di quanto fosse rilevante per gli stessi americani. Ho imparato a guardare con occhi diversi, più critici, alla realtà e società in cui vivo. Nonostante sia tornata la stessa di prima, dicono, sento che qualcosa dentro sia cambiato: sento una forza, un’ambizione, un sogno nuovo, quello di voler fare e dare sempre di più.