Tiberio Galbiati, vincitore del Programma SUSI 2018 (Study of the U.S. Institute for European Student Leaders) in Environmental Issues offre la sua sentita testimonianza sulle cinque settimane passate nella città di Eugene, presso la University of Oregon. Siamo sicuri che il resoconto di Tiberio, così ben scritto e coinvolgente, è un incitamento a partecipare al prossimo bando per vivere un’esperienza così straordinaria. Complimenti Tiberio e in bocca al lupo per i tuoi futuri progetti!
Dove sei stato?
Era una calda mattina di giugno quando sono salito sul volo più lungo che avevo mai intrapreso in vita mia, da Milano alla volta di Eugene, Oregon. Mai avevo sentito parlare di quella città, prima di allora “Eugene” per me era nient’altro che un nome di persona, ma non mi evocava ancora nulla. Dell’Oregon ad essere sincero conoscevo forse soltanto “Oregon Scientific”, per via di qualche aggeggio elettronico visto in chissà quale supermercato.
Ma poi, senza quasi rendermene conto, ero arrivato; sull’ultimo volo di quella interminabile giornata cominciavo a scrutare giù dal finestrino la mia nuova avventura avvicinarsi. E mi si faceva innanzi come una macchia verde, fatta di montagne e di foreste, nella quale era quasi impossibile distinguere la città, un tutt’uno con gli alberi. Cominciavo allora a capire che stavo per intraprendere il programma SUSI dal tema “Environmental Issues” e l’Oregon, con il suo spettacolare ambiente naturale, ne sarebbe stata la perfetta cornice. Non sapevo ancora che da lì a poco le avrei esplorate davvero quelle foreste, che mi sarei arrampicato sulle dune di sabbia a due passi dall’oceano, che mi sarei tuffato nel profondo blu di un lago vulcanico.
Ma soprattutto non potevo ancora immaginarmi le meravigliose persone che avrei incontrato, le storie che mi avrebbero raccontato e quei piccoli magici momenti di condivisione come un pranzo, una camminata, una conversazione assieme.
Raccontaci com’è andata.
Dal mio arrivo a Eugene in poi la mia esperienza da “io” è diventata un “noi”, in pochi giorni eravamo tutti parte del gruppo SUSI, entusiasti, curiosi e gioiosi.
Sin dai primi giorni, ancora spaesati dal jet lag, le nostre insegnanti Sandra, Becki e Karyn e alcuni studenti dell’università dell’Oregon, i nostri “Ambassadors”, ci hanno fatto sentire subito tutti come a casa. Di loro ricorderò sempre la capacità di ascoltare profondamente senza mai giudicare e di accogliere costantemente a braccia aperte.
Dopo quattro settimane, ci sentivamo tutti “Oregon Ducks”, ma era tempo ormai di partire per l’ultima settimana di viaggio in USA, a New Orleans e a Washington. Anche questi ultimi giorni li abbiamo vissuti così intensamente, tanto da farci dimenticare quasi l’amarezza di aver lasciato Eugene e l’Oregon: come recitava la canzone inno dell’università, “I left my heart in Oregon”.
Quali attività ricordi con più piacere?
Era la prima settimana quando la nostra insegnante Sandra ci spiegò una delle prime attività che avremmo svolto durante il programma. Si trattava di preparare e presentare una indagine sulle opinioni delle persone della città riguardo la tematica della cura dell’ambiente.
Ricordo che all’inizio sentivo qualche paura dentro di me: intervistare sconosciuti per strada, con l’ostacolo della lingua inglese, già mi immaginavo i rifiuti delle persone che mi avrebbero detto “No, non ho tempo, non sono interessato”. Eppure, mi sono dovuto ricredere.
Ricordo il primo pomeriggio in cui io e Laura andammo per le vie del campus in cerca di persone da intervistare. All’inizio eravamo insicuri, ma poi con mia grande sorpresa la maggior parte delle persone, dopo un po’ di indifferenza iniziale, cominciavano a interessarsi a quello che chiedevamo. Non ci rispondevano soltanto alle domande che avevamo preparato, cominciavano quasi a raccontarci la storia della loro vita! Questa è stata una occasione per me di crescita della mia capacità di ascoltare, interagire con le persone e di provare a vedere il mondo con occhi diversi.
Come descriveresti una giornata “tipo”?
La verità è che non ricordo ci siano state mai due giornate identiche, davvero, è incredibile come in cinque settimane abbia potuto vivere assieme a tutto il gruppo SUSI così tante esperienze diverse e come mai mi sia sentito stanco o privo di energie.
Ogni mattina cominciava nella sala da pranzo del collegio, con una ricca colazione americana, qualche giorno c’era anche la piastra per prepararci da soli waffle con sciroppo e marmellata di mirtilli. Poi, tutti in sella alle biciclette che l’università ci aveva noleggiato per essere green nei nostri spostamenti, raggiungevamo le aule del campus dove seguivamo le stimolanti e sempre interattive lezioni della giornata. Imparavamo così ad esempio le politiche USA di gestione dell’ambiente, gli attuali problemi dovuti all’aumento delle emissioni e come risolverli per garantirci un futuro più sostenibile. Altri giorni avevamo poi l’occasione di toccare con mano quello che studiavamo, di incontrare esperti e ricercatori universitari, visitare laboratori e attività industriali.
Infine, una tipica giornata da SUSI all’Università dell’Oregon poi non poteva essere completa senza un pranzo da Carson’s che tutti apprezzavamo per l’abbondanza e succulenza dei piatti e poi con una serata in compagnia nella sala del collegio.
Come è cambiata la tua conoscenza della cultura americana?
Il primo impatto con la cultura americana, o meglio, quella del “Pacific Northwest” è stato per me sorprendente. Ero piacevolmente stupito ogni volta che persone sconosciute si rivolgevano a me come se ci conoscessimo chissà da quanto tempo, bastava un commento o una domanda per iniziare una conversazione, per strada o in un negozio. Mi sono presto reso conto di quanto ciò fosse naturale e comune, non vi era traccia di quella alienazione e incomunicabilità che pervade la vita di una grande metropoli come quella in cui vivo.
Un momento che ricordo dal sapore molto americano fu in pomeriggio di una delle domeniche libere da attività organizzate. Ero andato a esplorare in bicicletta i dintorni della città, fino a raggiungere un laghetto artificiale, creato da una diga vicina, meta di campeggiatori e canottieri. Il sole a picco rendeva infuocato l’asfalto dell’highway che percorrevo, grandi camion e pick-up mi sorpassavano, sempre attenti di lasciarmi qualche metro di distanza. Poi sulla via del ritorno, dopo qualche decina di miglia di viaggio, colto dalla stanchezza e dalla fatica mi sono fermato in un bar sulla strada. Era una bassa costruzione bianca rettangolare circondata da Harley Davidson parcheggiate, mi ricordava non so quale film americano on the road. Solo pochi passi avevo fatto nel locale quando una coppia di centauri di mezza età, tatuaggi sulla pelle e chiodo scuro, cominciano a chiedermi affabilmente quante miglia avessi percorso. Poi, seduto al bancone e sorseggiando una fresca Coca-Cola rigenerante, pensavo che ero davvero dentro quel film, immerso nella atmosfera americana in un pomeriggio d’estate.
Vorrei concludere dicendo che mi sembra incredibile essere qui a scrivere della mia esperienza SUSI quando solo pochi mesi fa anch’io leggevo le interviste di altri partecipanti prima di me, immaginando dove sarei stato, quello che avrei fatto, chi avrei incontrato. Se anche tu che stai leggendo provi entusiasmo per scoprire il mondo, metterti in gioco e allargare i tuoi orizzonti, non perdere questa occasione, sarà ancora meglio di quanto ti possa aspettare, ne sono certo, un giorno anche tu lo racconterai.